2 del pomeriggio,
caldo.
Finestra aperta
rumori di auto.
Non basta per distrarsi
ancora caldo.
Il corpo soffocato in un letto sudato.
Devo Trovare una soluzione
In fretta.
Terza doccia. va meglio.
mi vesto.
Esco
Traffico
persone occupate
cellulari e parole.
parole e rumori
smog.
cammino.
sguardi che si incrociano.
mi fermo.
lo sguardo vaga.
Riprendo a camminare.
eccola.
Ciao
Ciao
Andiamo?
Andiamo
Continuo a camminare.
lei al mio fianco.
Ancora parole.
parole e aria
parla del lavoro
ripete la parola merda 3 volte.
non mi interessa cosa dice.
Ho sete
ecco il bar.
ci sediamo.
Beviamo.
La birra è fresca.
Il suo succo di
frutta lo stesso
Almeno cosi sembra.
Fa ancora caldo.
Molte maniche corte
pantaloni corti.
Gonne corte.
Parole corte.
si risparmia sul fiato
per non sudare
Meglio per me.
Odio le parole.
Fanno sudare.
Silenzio.
Un altro sorso di birra.
Un altro sorso di succo.
Lei tira un respiro.
Vuole dire qualcosa di importante.
Lo penso.
Lo spero.
Spero qualcosa di buono.
Per me.
Ti lascio.
Dice.
Le trema la mano.
non vedo il suo sguardo.
lenti scure.
Furba.
Premeditato.
Passano secondi.
pesanti.
Lei aspetta qualcosa.
Ancora secondi.
Il mio diavolo consiglia parole.
Mi avevi rotto il cazzo anche tu.
consiglia
Il mio angelo consiglia parole.
Mi spiace finisca
cosi.
Mi avevi rotto il cazzo anche tu.
dico.
Il diavolo è più cazzuto. Mi piace. Divertente.
Vediamo che fa.
Aspetto.
secondi.
Uno schiaffo.
veloce.
Intimo
.sapore di succo nelle mie labbra.
Rumore di tacchi.
Una parola smorzata.
un sibilo.
Stronzo.
Finisco il succo.
È buono.
dolce.
intenso.
Sorrido.
Mi alzo la mattina seguente.
Fa ancora caldo. sto meglio.
Sbadiglio.
un altro sbadiglio.mi stiracchio,
il letto mi accoglie silenzioso.
la tapparella tralascia qualche spia di luce.
La tiro su. La luce mi attraversa.
Mi da energia. vita.
Apro l’armadio.
3 camicie penzolano come manichini al vento.
Ne prendo una a caso.
è a quadri blu e bianchi.
non mi piace.
la indosso.
Oggi non ha importanza.
Prendo le chiavi,infilo pantaloni e scarpe.
Esco
Ancora le 3 del pomeriggio di un altro giorno qualunque.
Ma ho energia.
Passeggio dinamico tra la gente.
gli sguardi mi rimbalzano addosso.
sbattono sui muri dei palazzi,
si nascondono. ho fame. c’è un bar a pochi passi
.la vetrina non offre molto.
Quel sandwich. dico.
3 e 95 ,dice il commesso.
Sticazzi, penso.
Pago. non rilascia scontrino.
non mi stupisce.
Addento il panino,il salato eccita la mia lingua.
la mia fame si placa al terzo morso.
butto il resto del panino in un cestino e riprendo a
camminare.
Mi ricordo di avere l’ipod nella
tasca dei pantaloni
Spero di avere l’i-pod nella tasca dei pantaloni
Controllo la tasca dei pantaloni
C’è.
Sollievo
Lo indosso come si indossa un vestito.
Scelgo la musica come si sceglie un vestito.
Mi collego alla dimensione musica.
cammino come la musica cammina.
Carico.
gli alberi seguono il ritmo.
Gli alberi amano la musica.
Qualche foglia cade.
Si culla nella musica che ascolto.
Si posa a terra.
Muore nel giro di chitarra.
Una bella morte.
È tardi. chiamo a lavoro.
Non vado.
Ho rotto con la mia ragazza.
Chiamo
Sto male.
Influenza.
Ok dico.
Lo porto domani.
Mi chiede del certificato medico.
Arriverà.
Ho rotto con la mia ragazza.
Dicevo.
È logico pensare di star male.
La gente normale sta male.
Finge forse.
Comunque non sto male.
Non voglio fingere.
Sto bene
Fanculo.
Era una storia del cazzo.
Banale.
Scivolata da tempo.
Una barca sul mare.
non remava nessuno
Io non remavo
Lei non remava
Ora nuotiamo.
Dinamici.
Nuove esperienze.
eccitanti.
Spero.
Stare in una barca in mezzo al mare è noioso
Bello all’inizio.
Non lo era più.
Suono il citofono.
Muoviti.
Ti aspetto giù.
Le 4 del pomeriggio.
Ho sete.
Mario arriva.
Pantaloni lunghi.
maglietta non stirata.
appena svegliato.
La testa rasata.
Lucido.
Esteriormente.
Come cazzo sei vestito
Dice.
Mi batte sul tempo.
a cazzo. rispondo
Ho rotto con flora. dico
Ride
Perché ride.
Perché ridi.
Chiedo.
Ora è serio.
Riprendo a parlare.
Non scherzo .chiuso ieri
Finito
Stop
Si volta pagina.
Camminiamo insieme
entriamo in un pub.
La porta scricchiola alle nostre spalle.
Qualcos’altro scricchiola alle nostre spalle.
Ci sediamo.
Sbuffo.
Non voglio stare con Mario.
Ho scelto male.
Pazienza.
2 birre grazie.
Parla lui.
Mi anticipa ancora.
Guadagna punti.
Siamo nei tavolini all’aperto.
7 tavolini.
3 occupati.
Racchiusi in un recinto di aiuole e fiori.
Rinchiusi anche all’aperto.
un tavolino è di persone anziane.
3 persone. parecchi denti. denti gialli. sorrisi gialli.
Mi danno il vomito.
Smetto di guardarli.
L’altro tavolino è dietro di me.
Ancora risate.
Due risate distinte.
2 donne.
Non mi volto.
Arriva la birra.
accarezzo l’umidità del bicchiere.
mi rinfresca la mano.
Ne bevo un sorso.
Mi rinfresco l’animo.
Mario prende parola.
racconta.
chiede
Cosa è successo.
Vado in bagno, prima.
Poi ti racconto.
La storia di me
La storia di flora
2 rette parallele che si scontrano.
Forse è questo l’amore.
Ricordi
Mosaici
Come foto. La mia mente ridisegna la storia.
L’incontro.l’università.il suo sorriso in biblioteca.il mio
goffo approccio.
Il suo secondo sorriso. con lei era diverso.
Si dice cosi.
Ma era bello. lasciarsi trasportare da quella barca. senza
bisogno di remare.
Senza bisogno d’altro. il riflesso della luna, la spiaggia
deserta. la sua pelle,il suo contatto,
le sue mani nelle mie.
Lo Sciacquone.
Torno alla realtà.
Realtà da bagno.
Non è il posto migliore per questi pensieri.
La luce al neon disegna ombre sui muri. copre altri disegni
sui muri.
Scritte. diversi colori.
Diverse scritture. diverse persone. diverse storie.
Per lo più stronzate.
Stronzate.
Respiro.
Mi lavo le mani.
Lo specchio riflette il mio mezzo busto.
Mi guarda negli occhi.
Esco dal bagno.
Mario è ancora li. tamburella le mani al bicchiere.
Perso.
Nei suoi pensieri.
anche Mario ha pensieri.
Nella sua semplicità.
Mi siedo.
Provo a cambiare discorso.
Gioco il jolly.
Parlo della partita.
Hai visto la partita ieri. Dico.
Sto cazzone di portiere.
Mario ama il calcio.
Comincia a parlare: descrive ogni particolare.
L’arbitro, dice
ce l’ha con l’arbitro. Quando si perde è sempre colpa
dell’arbitro.
Il portiere ha cagato fuori,spiego
Si ma se l’arbitro avesse fischiato non sarebbe successo.
Se..
Penso di nuovo a Flora.
All’arbitro. Chi ha vinto? Chi ha perso?chi ha sbagliato?
Forse è colpa dell’arbitro
non abbiamo controllo su certi eventi.
Su certe decisioni.
M a la partita finisce.
Finisce sempre.
Puoi giocartela sino alla fine.
Ma finisce.
Mario non è più interessato alla storia di flora.
È già proiettato al futuro.
Dice solo
È finita amico mio,non è la prima volta,non sarà l’ultima.
Come dargli torto.
Invidio la sua semplicità.
Mi da l’illusione di una vita semplice.
Sorride sincero.
È un amico.
Alla fine ho scelto bene.
Parla ancora.
Si volta pagina amico mio.
Lo dice muovendo la testa come per indicare qualcosa,
indica il tavolino dietro di noi.
Le 2 ragazze.
Sono ancora li
Anche loro.
Con le loro storie.
2 donne
Tante parole.
Pochi pensieri..
Non sempre .
Non flora.
È invasiva oggi.
Si aggrappa ai miei pensieri.
Mi devo distrarre.
Mario è estroverso.
Qualcosa succederà.
Neanche a dirlo.
È già li.
Attacca bottone.
Mi volto
Accenno un sorriso.
Aspetto che mario mi inserisca.
Mi presento.
Si presentano.
Ci stringiamo la mano
Una si chiama Carla
L’altra Maria.
More entrambe.
Scopabili entrambe.
Sembrano molto affiatate:
i loro sguardi si incontrano spesso,
complici,
vamp.
Puttane.
Mario parla. Parla come una donna.
Domanda .chiede di cosa si occupano.
Faccio l’impiegata di banca. Dice Carla.
Mi guarda.
La guardo.
Il mio ego è già in guardia.
Vigile.
Tu invece.
Chiede Mario a Maria.
Modello unghie,dice.
Cazzo di lavoro è .
Penso.
Questo tavolo non mi appartiene.
Voglio andare via.
Non ce la faccio.
Non ho testa.
Fanculo all’ego.
Può attendere.
Invento una scusa.
Mi alzo.
scompaio nell’ombra.
Cammino
Mi fa bene camminare.
Il sole accompagna i miei passi,disegna ombre che mi
osservano, guardinghe.
Rimetto su l’ipod.
Musica
Ritmo
Respiri
Non penso.
Quello che mi ci voleva
3 bip
Un omino verde
Attraverso la strada.
Cammino
Ho voglia di casa.
È vicina.
Vedo persone che muovono bocche.
Gesticolano, vedo i capelli scompigliati dal vento,leggero.
La musica mi risparmia i loro discorsi,il loro rumore.
Attraverso una serie di negozi
.scritte luminose
.colori non naturali.
Bancarelle.
Fruttivendoli.
Cibi non naturali.
Arrivato.
Finalmente.
Tiro un sospiro.
Apro la porta.
La chiudo alle mie spalle.
Il gatto mi
osserva.ha fame
Vuole qualcosa.
Domanda con gli occhi.
Butto l’ipod nel divano.
Accendo la tv in un riflesso condizionato.
La spengo in un riflesso incondizionato.
Turbe infantili.
Preparo la ciotola per il gatto.
Puzza.
A lui piace.
Mangia.
Apro il frigo.
Latte.
Peperoni
.un cipolla a metà.
2 birre.
1 birra
L’altra nella mia mano.
Mi butto sul divano.
Guardo il soffitto.
Il lampadario penzola sopra di me,aggrappato a un filo.
Mi sento come lui.
Un lampadario spento aggrappato a un filo.
Passerà.
Apro la birra con l’accendino.
Un sorso.
Mi da sollievo.
Guardo di nuovo il soffitto.
Mi sento ancora come un lampadario aggrappato a un filo.
E a una birra.
Chiudo gli occhi.
Apro gli occhi
Minuti dopo
Forse un ora.
Mi strofino gli occhi. Sbadiglio, la mano tra i capelli, piegato
su me stesso, i gomiti sulle ginocchia.
Che ore sono.
Guardo il cellulare.
Le 7.
È una giornata del cazzo.
Accendo una sigaretta.
Aspiro,lentamente.
Provo a rilassarmi, a non pensare per il tempo di una
sigaretta.
Guardo il fumo seguire
percorsi immaginari, avvolgere il lampadario in un grigio abbraccio.
Guardo ancora il cellulare.
La casa è vuota.
Manca qualcosa.
Flora.
So che non la amo
Perché ho bisogno di lei?
È il mio senso di colpa
Per la risposta del cazzo
Ansia da riparazione.
Pulire la coscienza.
Cosa starà facendo ora?
Piangendo?
Bevendo un caffè?
Scopando?
La chiamo dopo il terzo pensiero.
L’uomo è un animale stupido.
Telefono spento.
La immagino scopando.
Perché mi infastidisce questo pensiero?
La sento ancora parte di me.
Ricompongo il numero.
Spento
Ancora
Ancora
Ancora
Butto il cellulare sul pavimento.
Lo guardo rotolare all’angolo della cucina.
Cammino,
sono agitato
sto andando fuori controllo
devo calmarmi
calmarmi.
Esco di casa
La porta sbatte alle mie spalle,scendo le scale di corsa.
Salgo in macchina.
Non ho il controllo delle mie azioni
Mi sto lasciando guidare
Non va bene
I semafori vanno via veloci sopra la testa,
tra nuvole e raggi di sole.
Accelero
Non c’è molto traffico.
Ho perso la testa
Sono trappola dei miei pensieri.
Risucchiato dai miei pensieri
Fuori dalla realtà
Dentro la mia realtà
Distorta.
Parcheggio la macchina
Il freno a mano scricchiola come ossa rotte.
Scendo dalla macchina, urto un passante
Non ci faccio caso
Non fa parte della mia realtà.
Mi avvicino al citofono
Suono
Ancora
Nessuno risponde
La mia realtà interiore diventa l’unica possibile
Ed è una realtà che mi spaventa.
Una realtà certa.
Già ti scopi un altro nella mia realtà
Penso che mi devo calmare.
Lo penso a intervalli di 4 secondi
In quei 4 secondi ho 4 flash ricorrenti
In uno c’è flora con un uomo che non sono io
Nell’altro rivivo lo schiaffo
Nel terzo sono un bambino che scappa
Nel 4 piango
Il cofano della macchina è freddo
Lo sento dai pantaloni
Lo sento nel culo
Mi distrae
Per 4 secondi.
Mi concentro sui rumori
I clacson delle macchine dietro di me
Le urla degli uccelli
I cinguettii delle persone
Il rumore dei passi nel suolo.
Mi concentro sui colori
La mia macchina blu
Il cielo blu
Gli occhi blu di un passante.
Le tapparelle bianche dell’appartamento di flora
La tinta gialla del palazzo di flora
I vestiti scuri dei passanti
la maglietta verde di un uomo
riprendo contatto con la realtà
con il mio respiro
penso che mi devo calmare
ma lo penso ogni 10 secondi
20 secondi
1 minuto
Sono calmo.
Mi chiedo se davvero voglio vedere flora
Ora che son tornato normale
Troppo tardi
Flora mi vede
È elegante
Una borsetta scura,una gonna scura,calze scure e vestito
scuro.
tacchi
Occhiali scuri
È bella
È sorpresa di vedermi
Cosa ci fai qua, mi dice
-Passavo di qua, rispondo
Non vedo i suoi occhi
Lei vede i miei
Non è corretto
Imbarazzo
Tangibile
Gli occhiali nascondono le emozioni
Non le guance
- Ho bisogno di parlarti,le dico
-Dai vieni su,risponde,
-no, preferisco all’aperto,un aperitivo ti va?
Guarda l’orologio
Ok, dammi un minuto, dice, sparendo dietro il portone.
Si prepara?
si cambia i vestiti?
si fa attraente?
E perché?
Mi chiedo a cosa pensi di sopra
Se è agitata.
Blocco i pensieri
È tornata
Sembra diversa.
Diversa da come la immaginavo
Diversa dal mio ricordo
Come una pianta che accoglie la primavera
Pronta a rinascere.
serena
Dove andiamo?
Al bar di Giulio, rispondo
Al solito bar di Giulio, aggiunge accennando un sorriso.
Cammina al mio fianco
Il suo profumo entra nei miei polmoni
Lo accolgo, come si accoglie
un vecchio amico.
Vorrei trattenerlo dentro di me, non lasciarlo piu andare.
Mi accontenterei di questo.
Anche di questo.
Solo di questo.
Un clacson mi libera dalla mia testa
“Guarda dove cammini, testa di cazzo!”.
Accenno un sorriso.
il mio rincoglionimento, si vede anche a distanza.
Attraversiamo la strada
Flora mi prende un braccio. come sempre.
come se niente fosse cambiato.
Arriviamo da Giulio.
Un tavolino è ancora libero sulla terrazza del bar.
Sembra aspettarci.
È il nostro tavolino.
Che fortuna, dice Flora, accomodandosi.
Già, penso tra me.
sposto la sedia per sedermi di fronte a lei.
La guardo.
Poggia gli occhiali sul tavolo.
Ha gli occhi rossi, ma ben truccati
Come una che cerca di nascondere le tracce di qualcosa.
Piangeva per me?
Si sarà pentita?
Vorra dirmi che mi ama ancora?
Il cervello riprende il suo lavorio.
Per lui niente pausa caffè.
Ci guardiamo.
Per un istante.
Un istante che parlava da se.
Un’ istante carico di verità
Un’istante dove
finalmente tutto diventa chiaro.
Inequivocabile. Silenzioso. Vero.
I pensieri scompaiono
La mente scompare.
Rimaniamo cosi. Congelati in quell’attimo.
2 linee che si intrecciano in un unico infinito.
Poi abbassiamo lo sguardo.
All’unisono.
I nostri sguardi vanno Su e giù come montagne russe.
Sorridiamo.
Ora era chiaro a entrambi.
Iniziamo a ridere.
La tensione svanisce, sepolta da un’energia nuova.
Ridiamo di gusto
“Ma che cazzo ci facciamo qui!”
flora scoppia in una
risata ancora piu forte.
Non lo so! rispondo io, contagiato dalla sua risata.
Ormai ci siamo, prendiamo sto benedetto caffè.
E sia! Mi fa eco flora.
Fu il nostro primo caffè dopo la nostra rottura.
Ora eravamo in grado di riconoscerci di nuovo.
Di non ascoltare le nostre paure
I nostri deliri.
Le nostre cattiverie.
Eravamo in grado di accettare la mutazione del nostro
rapporto.
Era un nuovo inizio.
Una nuova primavera. Diversa, forse.
Ma pur sempre carica di fiori, profumi, nascita e speranza.
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