La neve cadeva soffice, ricoprendo ogni cosa: piccole luci
tremolavano oltre le finestre, spegnendosi una ad una, e gettando la cittadina
nelle tenebre della notte, interrotte solo dai fasci di luna. Regnava un
silenzio surreale, che impregnava ogni vicolo come cera calda. Nella vetrina di
un negozio di giocattoli, una piccola ombra sul bancone si muoveva fra piroette
e salti, da un lato all’altro senza mai cadere. La ballerina di porcellana
danzava scuotendo i capelli che seguivano ogni suo movimento: indossava un
abito azzurro come il cielo, e le scarpette, passando sotto i fasci di luce
lunare, brillavano come gocce di sangue. Gli occhi chiusi, si muoveva preda di
ricordi inesistenti, lasciandosi guidare passo dopo passo sul bancone,
illuminata dai raggi che le donavano vita. Una marionetta di arlecchino,
dall’abito consunto, la guardava dalla sua mensola ogni notte, con i piccoli
occhietti neri che luccicavano per la meraviglia, desiderando di poter danzare
almeno una notte con lei, ma la timidezza e la paura avevano avuto sempre la
meglio. Una sera, la marionetta decise determinata di scendere: poche mensole
più sotto, a metà strada, fu derisa da una bambola di pezza, che gli diede del
pagliaccio illuso, e un soldatino di stagno con la testa ammaccata lo guardò
tristemente, scuotendo il capo. Arrivata al suolo, tremava ancora nel afferrare
il nastro di seta, ma il ticchettio delle scarpette della ballerina gli diedero
coraggio. Arrivata sulla cima, la marionetta si fermò a riprendere fiato.
La ballerina era a pochi passi: il vestito si gonfiava e la
fasciava ad ogni passo, seguendo i suoi movimenti. Muoveva le braccia con
un’eleganza incredibile, e la marionetta non poté non restarne affascinata.
Dopo alcuni minuti, accortasi del visitatore, si fermò nel mezzo del bancone.
Si fissarono a lungo, e quando la ballerina si avvicinò e riconobbe
l’arlecchino, gli porse una mano lattea con un sorriso che le illuminò il volto
più della luna. “Vieni” lo invitò con voce dolce “questa notte è troppo
speciale per passarla d aspettare”. Arlecchino le afferrò la mano e in un
attimo fu trascinato nella danza della ballerina. I loro passi risuonavano per
tutto il negozio, muovendosi in perfetta sincronia, quasi ballassero assieme da
una vita. Perfino la bambola di pezza e il soldatino di stagno erano
ammutoliti, guardandoli stupiti. La marionetta sorrise fra se, con una punta
d’orgoglio. La sua mano lasciò leggermente la presa, e la ballerina scivolò
via: ci fu appena il tempo perché sul suo perfetto volto di porcellana
apparisse una traccia di meraviglia, gli occhi spalancati e la bocca intenta ad
urlare: la ballerina scivolò oltre il bancone e precipitò fino al pavimento. La
marionetta si precipitò a raggiungerla, quasi cadendo anche lei, aggrappata
appena al nastro di seta, ma era ormai tardi: la ballerina giaceva in frantumi
al suolo, con una scarpina tolta e volata lontano, i capelli scompigliati e la
sorpresa ancora dipinta su quel bellissimo volto. L’arlecchino stava ancora lì,
inginocchiato a piangere, quando l’alba sbirciò dalla vetrina e trasformò
nuovamente i giocattoli in ciò che erano.
Quella mattina, quando il negoziante aprì il negozio, vide la
ballerina a pezzi, e l’arlecchino inginocchiato lì vicino, con il viso, le mani
e il vestito inzuppati. All’uomo pianse il cuore nel dover gettare via la
ballerina: raccattando i pezzi, vide che mancava una scarpina e, pur
cercandola, non riuscì a trovarla. Gettata la bambola, dovette aprire il
negozio e tornare alle sue occupazioni.
Probabilmente, se andrete a visitare quel negozio di giocattoli
il giorno dopo la luna piena, noterete che l’arlecchino sopra la mensola ha il
viso, le mani e l’abito zuppi e, se cercherete nelle sue tasche, troverete una
scarpetta da ballo che, illuminata dai raggi della luna, brilla come se fosse
una goccia di sangue.
(Di: Susanna Leonardi)
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