Un dirupo.
Una piccola dose di coraggio mista a follia ingerita qualche
istante prima e si trovò a volare verso l’infinito. Jane voleva essere libera
come era sempre stato libero il suo pensiero, ma proprio lui, amico fidato di
una lunga vita, l’aveva portata al tragico epilogo della sua esistenza.
Era una donna minuta e sensibile, ottimo pasto per i leoni
che la circondavano. Indifesa, non riusciva a ribellarsi alle ingiustizie che
le venivano inflitte. Si rifugiava, perciò, nel mondo incantato dei suoi pensieri,
i quali nei momenti di sconforto partivano all’impazzata trasportandola in universi di sconfinata
bellezza, dove lei era protagonista e spettatrice di cotanta meraviglia. Amava
la solitudine: le persone, infatti, la distraevano riportandola nel mondo
reale, mondo dal quale lei aveva sempre cercato di scappare, senza nessun
apparente motivo.
Il suo animo era, però, turbato da un incubo che, puntuale,
andava a farle visita tutte le notti: vedeva, come se stesse accadendo davvero,
l’ombra di un uomo cadere sul suo letto.
Quei maledetti incubi, incupivano le sue giornate e
nonostante i suoi viaggi introspettivi non riusciva a trovare una relazione
tra sogno e passato. Ciò la logorava, indebolendo la sua
mente, unico punto di forza.
Conobbe il professor Arter, luminare nel campo dell’ipnosi
regressiva. Poche sedute bastarono per tornare a quel giorno…
Aveva dodici anni, la mamma le aveva chiesto di andare a
casa degli zii perché aveva dimenticato lì il suo giubbino qualche sera prima.
Entusiasta, corse giù dalle scale più che poteva, perché sapeva che quando
sarebbe arrivata avrebbe trovato ad accoglierla i suoi cuginetti e avrebbe
giocato con loro fino all’ora di cena. Aprì la porta, ma il suo pensiero svanì
quando scorse un amico di famiglia in cucina. In casa c’era solo lui, che
decise,quel giorno, per un’altra vita, per la vita di un’adolescente,
strappandole l’innocenza e la spensieratezza, per sempre. Trasportata in un
mondo di disperazione e sofferenza, da quel giorno iniziò a rifugiarsi nei suoi
pensieri.
Jane rimase sbalordita, non credeva ai suoi occhi né alle
sue orecchie. Non poteva essere successo
a lei . E perché non ricordava? Perché i suoi pensieri la spingevano
oltre la realtà ma non avevano ripescato quel vecchio ricordo?
Passava giorni a porsi quesiti simili, ma nulla, nessuna
risposta, niente di niente. Iniziò a pensare che la decisione di partecipare a
quella seduta di ipnosi non fosse stata una buona idea ma ormai era troppo
tardi. Quel ricordo aveva distrutto la sua esistenza e il bene più prezioso, il
suo pensiero, era stato demolito per sempre. La riportava, in ogni momento, a
quel frangente della sua vita, facendole provare una sensazione di
soffocamento, scalfendo ogni parte della sua anima. Adesso era lei, a dover
fare qualcosa per ritrovare quella sensazione di estrema libertà che solo lui
poteva darle. Si diresse su una collina,
vicino casa sua. Era un giorno di sole, ogni cosa risplendeva di quella luce,
tranne la sua persona. Sotto la roccia, sulla quale era salita, c’era il vuoto,
si gettò senza pensarci troppo e riprovò in quell’istante la libertà che solo
il suo pensiero era stato in grado di farle provare. La relazione fra lei e la
sua mente era troppo forte per essere spezzata. Vide quella soluzione, seppur
estrema, come unico modo per ritrovare quel legame, rendendolo infinito.
Quando l’essere umano subisce un trauma molto forte può
attivare dei processi di rimozione che gli permettono di continuare a vivere
come se nulla fosse accaduto.
L’inconscio, però, non dimentica e ripropone ciò attraverso
sogni e sensazioni.
(Di: Alba Chiara Rosato)
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