Alì ha gli occhi azzurri


RECENSIONE:
Il regista Claudio Giovannesi si ispira ad una poesia di PierPaolo Pasolini: “Alì dagli occhi azzurri” per parlare di Nader: un ragazzo di origini egiziane che vive in Italia e indossa lenti azzurre per coprire gli occhi scuri. La telecamera del regista si concentra spesso sugli occhi di Nader, per entrare dentro la sua vita e sulle persone che Nader coinvolge
,concentrando lo spettatore su questi “Ragazzi di vita” moderni, sulle loro azioni e sulle conseguenze che spesso li portano a scappare e nascondersi; adolescenti cresciuti in un ambiente in cui è facile sbagliare, ma difficile rimediare.
Lo sguardo sulla vita di Nader è uno sguardo su tutti quei momenti che in un adolescente segnano il passaggio di un'età, ma nella vita e negli occhi di Nader tutto questo crea uno sconvolgimento che lo portano a confrontarsi con la realtà di una famiglia tradizionalmente diversa da quella italiana, e mettere in discussione le sue poche certezze.
Parlare attraverso la telecamera di questo argomento, di cui Pasolini ha fatto una parte importante della sua letteratura, necessiterebbe ben più di due ore di film; per questo il film non approfondisce fino in fondo l'argomento, ma lancia un messaggio. Nader vive per una settimana fuori casa, senza mai tornare, per convincere la sua famiglia della relazione con una ragazza italiana nonostante la sua famiglia e la cultura islamica glielo impediscano, giorni in cui vive e dorme dove e come può. Con l’amico Stefano, ragazzo italiano più preoccupato delle ragazze che alla scuola, possiamo conoscere il lato più rappresentativo di Nader: un ragazzo che marina la scuola per andare in discoteca, che ruba ed è disposto ad accoltellare un ragazzo per difendere l'amico riuscendo, in tutto questo, ad essere fedele alla sua ragazza e di giurargli il suo amore sulle note di Gigi D'Alessio.
Lo sguardo su Nader, sulla sua famiglia e su quella dei suoi coetanei, ci avvicina ad un mondo molto attuale che può essere molto più distante di quanto vogliamo ammettere. Riflettere sulla vita di Nader è come riflettere sulle generazioni di adesso che cambiano e si riflettono sulla società. La vita di questi ragazzi, con origine e culture diverse, risentono dell'influsso delle loro tradizioni, di cui non ne riconoscono i valori se confrontati con la realtà italiana. I giorni lontano da casa sono il messaggio che Nader manda non solo alla sua famiglia, ma anche alla società attuale; è disposto a dormire fuori casa pur di restare con la sua ragazza, così come la famiglia di Nader è stata disposta a lasciare l'Egitto per vivere in Italia. Ma il divario culturale che esiste tra l'Egitto e l'Italia rappresenta anche il divario che esiste tra la vita di un ragazzo come Nader,  di cultura islamica che cerca di vivere come italiano, e Stefano, ragazzo italiano, insieme legati da una forte amicizia, il quale però non percepisce realmente i problemi di Nader.
Coprendosi gli occhi scuri con le lenti azzurre il protagonista cerca di nascondere a se stesso e agli altri la sua origine egiziana, il rifiuto di tutto un mondo che a lui sembra così diverso, viene meno quando lo sguardo del suo amico Stefano si ferma su quello di sua sorella. In quel momento le sue certezze, che nonostante tutto erano rimaste salde, cedono. Questo lo porta a rivalutare tutta la sua vita, l’unico modo per ritrovare se stesso è proprio ricominciare dalla sua origine egiziana e islamica. Quando sia la famiglia che le persone a lui care vengono meno, il divario tra le due culture si fa più labile e porta noi a rivalutare, in modo indiretto, su come la società moderna dialoga al giorno d'oggi con queste nuove generazioni; un dialogo reso ancora più difficile dall'ambiente in cui questi ragazzi crescono, al quale la famiglia e la scuola moderna non riescono a partecipare.
Come ho già detto, il film non approfondisce fino in fondo il problema, limitandosi a descrivere o, delle volte ad escludere alcune problematiche che racchiude questo argomento, ma lancia un messaggio forte allo spettatore.
La scena finale del film è  per il regista una metafora di questo momento, rispetto a questi ragazzi che, come Nader, emigrano dal tetto famigliare per imporre la loro necessità di superare questo impasse generazionale e riflettere sui cambiamenti della società moderna. Un film che sicuramente lascia qualcosa dentro, richiamando spesso l'attenzione e la coscienza dello spettatore, invitandolo a compiere un salto razionale tra i due amici e l'Italia di oggi.


(Recensione a cura di Alessio Paolesse) 

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